
Quando si parla di vinificazione, il Brettanomyces bruxellensis (in breve Brett) è un noto combinaguai. Questo lievito selvatico, se non controllato, può creare scompiglio durante l'affinamento del vino, causando sapori e aromi sgradevoli che mascherano le caratteristiche varietali del vino. Ma non temete, i produttori di vino hanno un'arma segreta nel loro arsenale: il bitosano. Approfondiamo il mondo di Brett e come il chitosano aiuta i produttori di vino a tenere a bada questo fastidioso lievito.
Il Brettanomyces non è un lievito amichevole come il Saccharomyces cerevisiae, la superstar della fermentazione alcolica. Il Brett è invece noto per la sua capacità di produrre composti indesiderati come fenoli, piridine, acido acetico e acidi grassi. Questi composti possono mettere in ombra il bouquet naturale di un vino, con note di stalla, cerotti e sella sudata. Non sono esattamente le note di degustazione che un enologo cerca di ottenere!
Il Brett prospera nelle botti di rovere, comunemente utilizzate per l'invecchiamento dei vini. La natura porosa del rovere costituisce un rifugio ideale per il Brett, offrendo un ambiente protetto dove può prosperare lontano dai trattamenti di sanificazione utilizzati nelle cantine. Se a questo si aggiunge la resistenza di Brett all'etanolo e all'anidride solforosa (SO2), si ottiene una ricetta per il potenziale deterioramento del vino, soprattutto in caso di invecchiamento prolungato in botte.
Il chitosano, un biopolimero derivato dalla chitina, si trova nell'esoscheletro di crostacei come granchi e gamberi. È presente anche nelle pareti cellulari dei funghi. A livello industriale, il chitosano viene prodotto deacetilando la chitina. Questo polimero naturale ha trovato diverse applicazioni in medicina, agricoltura e, ora, nella vinificazione.
La versatilità del chitosano è una parte fondamentale del suo fascino nella vinificazione. Ecco come funziona la sua magia:
L'uso del chitosano non solo aiuta a inibire la fermentazione malolattica, ma riduce anche la necessità di utilizzare l'anidride solforosa, spesso aggiunta come conservante.
La ricerca sull'effetto del chitosano sui Brettanomyces ha dato risultati promettenti. Ad esempio, uno studio di Gómez-Rivas et al. (2004) ha dimostrato che alte concentrazioni di chitosano (300-600 g/hL) possono inibire la crescita di Brettanomyces senza influenzare Saccharomyces cerevisiae. Analogamente, Ferreira et al. (2013) hanno riscontrato che anche concentrazioni inferiori (30-32,5 g/hL) erano efficaci contro Brettanomyces, con i chitosani a basso peso molecolare che mostravano una maggiore efficacia.
Uno studio fondamentale pubblicato nel 2016 sul Journal International des Sciences de la Vigne et du Vin ha esplorato come le prestazioni del chitosano variano in base a fattori quali il contenuto di alcol, il pH e il tipo di chitosano. La ricerca ha rivelato che il chitosano derivato dai gusci di granchio ha superato la sua controparte fungina, soprattutto in ambienti più acidi e ad alta gradazione alcolica. Lo studio ha anche osservato che, sebbene il chitosano riduca inizialmente le popolazioni di Brett, questi lieviti ostinati possono talvolta tornare in auge, indicando che il chitosano non sradica completamente il problema, ma lo attenua in modo significativo.
Sebbene il chitosano non sia una pallottola d'argento, le sue molteplici capacità lo rendono uno strumento prezioso per i viticoltori. La ricerca continua è fondamentale per ottimizzare la sua applicazione e comprendere le sue interazioni nelle varie condizioni del vino. Con l'approfondimento delle nostre conoscenze, la speranza è di sviluppare strategie ancora più efficaci per tenere a bada i Brett, assicurando che i nostri vini possano esprimere il loro vero carattere senza interferenze indesiderate.
Nel frattempo, il chitosano è una testimonianza dello spirito innovativo della viticoltura, che fonde la tradizione con la scienza moderna per affrontare problemi antichi. Quindi, la prossima volta che assaggerete un vino ben invecchiato, potreste ringraziare un minuscolo polimero proveniente dal guscio di un granchio per il suo gusto incontaminato.
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