Uno studio uruguaiano rileva che i vini a base di tannat con il 76% di solfiti in meno corrispondono al gusto tradizionale

17-12-2025

Il chitosano e il lisozima offrono alternative promettenti per i produttori di vino che cercano di ridurre i solfiti senza sacrificare la qualità o la preferenza dei consumatori.

Un nuovo studio condotto in Uruguay ha esaminato i modi per ridurre o sostituire l'anidride solforosa (SO₂) nella produzione del vino Tannat, un vitigno strettamente associato al Paese. La ricerca, condotta durante la vendemmia 2023 a Canelones, in Uruguay, si è concentrata sull'utilizzo di chitosano e lisozima come alternative alle tradizionali aggiunte di solfiti. L'obiettivo era quello di mantenere la stabilità microbica e la qualità del vino, rispondendo al contempo alla crescente domanda dei consumatori di vini con un contenuto di solfiti inferiore a causa di preoccupazioni per la salute.

L'esperimento prevedeva cinque diversi trattamenti di vinificazione: un metodo tradizionale con 125 mg/L di SO₂, un approccio a solfiti ridotti con 30 mg/L di SO₂, chitosano a 100 mg/L, una combinazione di solfiti ridotti e chitosano e una combinazione di solfiti ridotti e lisozima a 5 mg/L. Ogni trattamento è stato eseguito in triplo con uve Tannat raccolte a maturità tecnologica.

I ricercatori hanno riscontrato che tutti i trattamenti permettevano alla fermentazione alcolica di procedere normalmente, senza differenze significative nella cinetica di fermentazione o nella produzione di etanolo. Tuttavia, i vari approcci hanno avuto effetti marcati sulle popolazioni microbiche presenti durante e dopo la fermentazione. I vini prodotti con livelli di solfiti tradizionali o ridotti hanno mostrato conteggi più bassi di batteri lattici (LAB) dopo l'imbottigliamento, mentre quelli trattati con chitosano o lisozima hanno mantenuto popolazioni di LAB più elevate. L'analisi metagenomica ha rivelato che il chitosano ha favorito una comunità batterica più diversificata, mentre il lisozima ha ridotto selettivamente Oenococcus spp. un LAB chiave coinvolto nella fermentazione malolattica.

Lo studio ha anche rilevato che la riduzione della SO₂ ha portato a cambiamenti nella composizione chimica del vino. I vini con meno SO₂ presentavano concentrazioni inferiori di composti fenolici come antociani e tannini. Ciò è stato attribuito sia all'aumento dell'ossidazione - poiché la SO₂ agisce come antiossidante - sia alle interazioni dirette tra chitosano o lisozima e i composti fenolici, che possono farli precipitare fuori dal vino. Questi cambiamenti chimici hanno influenzato il colore dei vini: i trattamenti a basso contenuto di solfiti tendevano ad avere un colore più chiaro e meno saturo rispetto a quelli prodotti con metodi tradizionali.

Nonostante queste differenze misurabili nella chimica e nella microbiologia, l'analisi sensoriale condotta da un gruppo di degustatori esperti non ha rilevato differenze significative nella preferenza complessiva dei vini. Gli unici attributi che sono variati in modo significativo sono stati la persistenza (con i vini tradizionali che hanno ottenuto il punteggio più alto) e l'amarezza (percepita come maggiore nei vini tradizionali e in quelli a base di solo chitosano). Altre caratteristiche come l'intensità del colore, la qualità aromatica, l'acidità e l'astringenza sono state valutate in modo simile in tutti i trattamenti.

I risultati suggeriscono che è possibile ridurre o sostituire la SO₂ nella vinificazione del Tannat senza compromettere l'accettabilità sensoriale, ma è necessaria una gestione attenta. La riduzione dei livelli di solfito modifica l'equilibrio delle popolazioni microbiche e rende i composti fenolici più vulnerabili all'ossidazione o alla rimozione da parte di additivi come il chitosano e il lisozima. Ciò può influire sia sulla stabilità che sull'aspetto del vino.

La scelta tra chitosano e lisozima come alternative dipende dagli obiettivi specifici della vinificazione. Il chitosano favorisce un microbiota più complesso ma meno prevedibile, mentre il lisozima offre un controllo mirato delle popolazioni di LAB. Entrambi richiedono un'attenzione alla gestione del processo per garantire il mantenimento della stabilità microbica e la conservazione della struttura fenolica, e quindi del colore e della consistenza in bocca.

Questa ricerca risponde alle tendenze internazionali verso vini a basso contenuto di solfiti e si allinea alle normative in evoluzione di organizzazioni come l'Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (OIV), che negli ultimi anni ha incoraggiato la riduzione dei livelli di SO₂ consentiti. Lo studio è stato sostenuto dall'Agenzia Nazionale per la Ricerca e l'Innovazione (ANII) dell'Uruguay e ha visto la collaborazione di ricercatori accademici e aziende vinicole locali.

Poiché l'interesse dei consumatori per i vini naturali e a basso intervento continua a crescere, studi come questo forniscono dati importanti per i produttori di vino che cercano di bilanciare sicurezza, qualità e domanda di mercato. I risultati indicano che le strategie antimicrobiche alternative possono essere valide, ma devono essere attentamente adattate alle esigenze di ciascun vino per evitare cambiamenti indesiderati nella composizione o nel carattere sensoriale.