Il Pinot Grigio delle Venezie punta a un'alcolicità del 9% e a un 10% di uve ibride in un contesto di pressione climatica

02-12-2025

La più grande denominazione italiana di Pinot grigio persegue tagli resistenti alle malattie e vini naturalmente più leggeri, mentre le norme UE sono in ritardo rispetto all'innovazione

Al recente Congresso del Consorzio Doc delle Venezie a Trento, è stata delineata la direzione futura del Pinot Grigio delle Venezie, con particolare attenzione all'adattamento ai cambiamenti climatici e all'evoluzione delle preferenze dei consumatori. Il Consorzio di Tutela del Pinot Grigio delle Venezie, che supervisiona una delle denominazioni vinicole più grandi d'Europa con 27.000 ettari di vigneti e 1,7 milioni di ettolitri imbottigliati nel 2024, sta conducendo ricerche e sperimentazioni per affrontare queste sfide.

Il Consorzio ha collaborato con il Crea-Ve, l'Università di Padova, Veneto Agricoltura, la Fondazione Edmund Mach e il Centro di Ricerca Vcr per esplorare due strategie principali. La prima prevede la miscelazione del Pinot Grigio con un massimo del 10% di varietà Piwi, ibridi interspecifici resistenti alle malattie. Questo approccio anticipa i cambiamenti normativi che potrebbero presto consentire tali miscele secondo la legislazione vinicola europea. La seconda strategia si concentra sulla produzione di Pinot grigio naturalmente a bassa gradazione alcolica, puntando a una gradazione alcolica di circa 9% attraverso l'adeguamento delle pratiche in vigna e in cantina piuttosto che l'utilizzo della tecnologia di dealcolizzazione.

Luca Rigotti, presidente del Consorzio, ha sottolineato che queste iniziative sono state concepite per rispondere ai cambiamenti climatici, alla crescente consapevolezza ambientale e alle mutate esigenze dei consumatori, soprattutto delle nuove generazioni. Ha osservato che la produzione di vini con una gradazione alcolica naturalmente più bassa aiuta a mantenere la tipicità del Pinot Grigio, allineandosi alle tendenze del mercato. Tuttavia, ha anche sottolineato le sfide normative: le attuali norme dell'Unione Europea non riconoscono i vini naturalmente a bassa gradazione alcolica come una categoria distinta, ponendoli in una posizione di svantaggio rispetto ai vini dealcolizzati che possono essere etichettati come "analcolici" o "a bassa gradazione alcolica". Stefano Sequino, direttore del Consorzio, ha chiesto di modificare la normativa europea per colmare questa lacuna e prevenire gli svantaggi commerciali.

La ricerca sulle varietà di Piwi sta avanzando rapidamente. Riccardo Velasco, direttore del Crea-Ve, ha spiegato che questi ibridi offrono resistenza non solo alle malattie, ma anche alle condizioni climatiche estreme dovute ai cambiamenti climatici. Maria Chiara Zaganelli del Crea ha evidenziato gli studi genetici e gli esperimenti enologici in corso, volti a migliorare sia la resistenza alle malattie sia la produzione di vini a bassa gradazione alcolica senza dealcolizzazione.

Nonostante questi progressi, il Pinot grigio deve affrontare sfide uniche. A differenza di altri vitigni come il Glera o il Sangiovese, è meno stabile geneticamente a causa della sua origine come mutazione del Pinot Nero. Questo rende l'introduzione di ibridi resistenti ancora più importante per mantenere la qualità di fronte all'aumento delle temperature.

Le degustazioni alla cieca organizzate dal Consorzio hanno mostrato risultati promettenti per i blend contenenti il 10% di varietà Piwi. Queste microvinificazioni suggeriscono che una produzione su larga scala potrebbe migliorare ulteriormente la qualità e aggiungere complessità ai vini Pinot Grigio tradizionali. Marco Stefanini della Fondazione Edmund Mach e Michele Zanardo del Comitato Nazionale Vini sostengono entrambi l'inclusione di ibridi interspecifici come un modo per migliorare la sostenibilità e la diversità dei prodotti, preservando l'identità del vino.

I dati climatici presentati da Dino Zardi dell'Università di Trento hanno confermato che le temperature e i livelli di CO2 sono aumentati notevolmente negli ultimi quarant'anni nelle regioni vinicole del Nord Italia. Le proiezioni indicano che questa tendenza continuerà se non ci saranno interventi significativi a livello globale. Luigi Bavaresco dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza ha avvertito che la preferenza del Pinot Grigio per i climi più freschi lo rende particolarmente vulnerabile alle tendenze al riscaldamento e alla crescente domanda di vini più leggeri.

I protocolli sperimentali per la produzione di Pinot grigio naturalmente a bassa gradazione alcolica prevedono la selezione di cloni specifici, la defogliazione intensiva durante la maturazione, l'applicazione di caolino dopo le piogge e la raccolta a livelli di zucchero più bassi (16 Brix). Paolo Sivilotti dell'Università di Udine ha riferito che questi metodi hanno già prodotto vini di buona qualità nelle degustazioni, anche se sono necessari alcuni aggiustamenti per bilanciare l'acidità.

In cantina, i ricercatori hanno sperimentato lieviti non-Saccharomyces, mettendo in discussione le precedenti ipotesi sul loro utilizzo e aprendo nuove possibilità per la gestione della fermentazione. Simone Vincenzi dell'Università di Padova ha spiegato che, mentre la dealcolizzazione rimane importante per produrre prodotti completamente analcolici, è possibile ottenere vini naturalmente a bassa gradazione alcolica grazie a pratiche attente in vigna e in cantina: un cambiamento significativo rispetto agli sforzi compiuti in passato per aumentare la gradazione alcolica.

Il lavoro svolto dal Consorzio di Tutela del Pinot Grigio delle Venezie riflette i più ampi cambiamenti nella viticoltura europea, in quanto i produttori cercano di adattarsi alle pressioni ambientali e di soddisfare le nuove richieste del mercato. L'integrazione di varietà di uve resistenti e di tecniche di produzione innovative potrebbe presto ridefinire ciò che i consumatori si aspettano da uno dei vini bianchi italiani più conosciuti.